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Critiche d'arte

Surrealista o… 

Il Surrealismo, sorto in Francia come movimento letterario e artistico d'avanguardia (ancora attuale),si propone di esprimere il funzionamento reale del pensiero al di fuori d'ogni controllo esercitato dalla ragione e fuori d'ogni preoccupazione estetica o morale. 

Ispirato forse ma la definizione più appropriata è Anarchico, ripudia gli stereotipi consolidati.

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René Ricard 1968

Attraverso un severo bianco e nero modulato nelle differenze tra luce e ombra, Dornstedt sfida la retorica del costume, dando vita a immagini che sublimano la quotidianità della vita per immortalarne l’elegiaca essenza. Quest’opera provocatrice può apparire iconoclasta ma decanta l’istinto. Scopre il mondo segreto che affascina aprendo la strada alla concettualizzazione e alla connessione interdisciplinare tra arte e psicologia.

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John Berger 1970

Cito un pensiero di Walter Benjamin:  “Uno dei compiti principali dell'arte è sempre stato quello di creare esigenze che al momento non è in grado di soddisfare.” L’opera di Dornstedt forse alcune esigenze le soddisfa, perché la sua giovane arte non ha ancora subito corruzioni mercantili. Certo, stupiscono per la perfezione tecnica i suoi “falsi”; meretricio artistico? No, ma come guadagnare oggi qualcosa se non riproponiamo un Dégas, i gemelli artistici Renoir e Monet, un De Chirico e Magritte o Dalì? Questo dimesso giovane, certamente contaminato dagli automatismi psichici  indotti dai due ultimi citati, si esprime però con un surrealismo suo proprio, orfano di Miti che lo innalzano oltre la media. Le immagini creano uno squarcio nelle comuni visioni del Bello.         

Herbert Ritts 1970

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Io fotografo come scrivessi, in bianco e nero. Incontro Dornstedt, sconosciuto artista che mi incuriosisce in quanto nessuno fa questo con olio su tela. Disponendo di un arcobaleno di colori, lui dialoga in bianco-nero, come me. E’ più anziano di sei anni… sospetteranno un plagio espressivo-artistico? No, fortunatamente io uso la macchina fotografica e lui il pennello. Certamente  in pittura si può distorcere la realtà quanto si vuole, lui però rimanendo attinente alle leggi della fisica e della geometria, offre un’arte comprensibilissima pur apparendo intellettualmente complicata.  Fotografa i pensieri.    

L’Artista ispano-franco-tedesco, oggi ospite della Galleria “La Polena”, crea immagini che oscillano tra realtà, fantasia e desiderio. Con uno stile asciutto e magniloquente, armonizza gli elementi essenziali delle emozioni. Così molteplici radici etniche hanno ispirato il suo lavoro? Si scoprono tracce di queste tre Culture nelle sue opere. 
 

Isa Belli Barsali 1970

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Ho conosciuto Dornstedt a Pisa. Mi aveva appena accennato ai contenuti del suo attuale momento artistico, influenzato certamente da circostanze personali. Incuriosita, oggi mi trovo qui, a Firenze, alla galleria D’Arte Santa Croce, più interessata a vedere i suoi lavori che quelli di Cipolla, che gli ha concesso una parete per esporre le sue poche ma significative opere. La sua ricerca retorica densa di allusioni mi ha affascinato, i suoi melodici arpeggi con il pennello, invece di favorire l’udito con note musicali, favorisce la vista con corpi ignudi di donne di incredibile bellezza che non disgustano per gli espliciti deliri saffici, tutt’altro,  manifestando l’amore nella sua eterogenea essenza, invitano più a partecipare che ad assistere. Questo giovane artista non teme certamente l’ostracismo a cui lo destineranno i virtuosi di un crepuscolare pudore destinato al tramonto nell’Arte.

Robert Huges 1971

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 Υπερβολική, ypervolikí : eccessive. Così alcuni definiscono le sue immagini. Tedesco e nomade, come me espiantato da un Paese per essere piantato in un altro, accetta la condizioni italiane come io quelle americane. Italiani che ritengono l’Arte come decorazione murale: il vecchio pescatore barbuto con pipa e “berritta di orbace”, la madonnina in maiolica azzurra da appendere sul letto per acquietare la coscienza e ancora il crocifisso che penzola dallo specchietto retrovisore. Americani che innalzano il mito Western con manifesti Kitsch da mezzo dollaro e le rombanti Harley come vessillo californiano. No, Dornstedt non sussurra, ti grida nell’orecchio. Criticatelo, lui non si offende, sa che le sue immagini appagano i bisogni pulsionali propri dell’ “ES” Freudiano. L’ “Io” presieduto dal principio di realtà, l’istanza preposta alla coscienza, quale mediatore provvederà ad occultare abilmente le intime emozioni segrete. Coscienza mediatrice che si trova tra l’incudine dell’ “Es” e il martello del “Super Io”.  Di fronte alle esigenze pulsionali l’ “Io” mantiene un atteggiamento cauto, decidendo quali debbano essere  rinviate o rimosse perché rischiose, quindi molti le rimuovono; da qui la critica negativa a nudi femminili che meritano un plauso. 

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Giulio Carlo Argan 1971

Dornstedt riesce ad affrancarci dalla distrazione degli orpelli  e spogliando il superfluo ci immette direttamente nell’essenziale: Immagine-Emozione. Fermando il movimento, fa cogliere l’elemento sfuggente e invisibile dell’espressione intimistica. Non l’immaginazione e la fantasia ma le numerose e insolite esperienze vissute in così pochi anni da quel tempo ad oggi, sono rappresentate sulle tele. L’ho intuito osservando il suo “olio” datato 1961: Sophie. Lei ha impresso un segno indelebile sul suo futuro artistico e individuale. Ce lo suggerisce e conferma la sua onnipresente ombra che ispira ormai da dieci anni l’edonistica ed εὐδαιμονία socratica che permea la sua Arte. Rinaldo ha scelto bene, La Galleria Rotta ha scoperto un talento nascente.

Carla Lonzi 1971

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In questo tiepido giugno mi sono recata a Livorno, invitata dalla Galleria Gino Romiti, ad una esposizione particolare. Non mi ha affatto delusa, anzi; ho ammirato opere cariche di tensione sensuale, vitali e coinvolgenti. Verità psicologiche esaltate dal realismo delle immagini; azione contemplativa. Scandalizza? No, affascina mediante la rappresentazione di un ideale di bellezza dal sapore classico con cromatismi estratti dalla Natura, morbidi e raffinati come i suoi lunghi capelli di un’immagine rinascimentale. Colgo nelle sue immagini la delicatezza della mia amata Toscana con Mario ormai divenuto un’ombra in dissolvenza. Desideravo ciò che è avvenuto: un suo delicato dipinto che pur non “spostandomi dal centro che mi sono imposta”, mi ha impetuosamente posseduta e complice forse il tepore di giugno, non gli ho resistito, abbandonandomi a quella dolce violenza percepita come un atto d’amore. Potevo mai difendermi? No. Avvenimento singolare che ci giudica un Artista acquisti anche una sua opera, eppure…Terminata la mostra ho preteso che me la recapitasse di persona, prepotenza giustificata dai quindici anni che lo separano da me. Ecco il motivo per cui queste mie considerazioni sulla sua Arte le ho redatte a battenti chiusi, come la mia porta dopo il suo ingresso.

Mirella Levi D’Ancona 1971

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Salgo al primo piano dell’amata Galleria Rinaldo Carnielo. Un insolito Artista  oscura le pareti con dipinti neri e bianchi, sì, non bianchi e neri, perché è il magico nero che prevale. Oserei commentare che scorgo dipinti in negativo. Nella ricerca intimistica, soprattutto nell’uso del bianco e nero e dei rari colori, il pittore si caratterizza per un immenso amore per la pittura classica e preraffaellita, creando atmosfere misteriose dove le donne oltre a rispecchiare il fascino antico e senza tempo, si mostrano nella compiutezza della loro seduzione, con l’impudicizia esistenziale che caratterizza le menti evolute. Lui ci mostra donne nude, pure nel loro splendore come la Primavera Botticelliana. Giornata appagata da una mostra davvero particolare.

Roberto Daolio 1972

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L’Artista colloca le sue modelle in atmosfere magiche ed oscure. Attraverso un’incredibile destrezza pittorica, ricrea ambienti fantastici, dove la luce e le ombre giocano un ruolo cruciale nell’esaltazione del nudo femminile. Nei suoi lavori si percepisce l’influenza del surrealismo da un lato e dall’altro quella del classicismo greco con i suoi ideali di bellezza affine al pensiero del movimento tedesco (Dornstedt, per caso, lo è), conosciuto come “cultura narc”, che esaltava la bellezza e l’adorazione del corpo. Gli ambienti e la simbologia che circonda i soggetti, mostrano inaspettatamente una specifica conoscenza antropologica;  incuriosito ho dunque indagato. Sì, studioso di Marc Augé e Claude Lévi-Strauss ha introdotto queste sue conoscenze nei dipinti. Immagini di un Artista insolito che percorre diverse direzioni: Filosofia e Medicina. La definizione che lui da di se stesso è: Randagio in una breve e unica vita.

Francesca Alinovi 1978

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Alla Galleria Marescalchi espone Guido Dornstedt. Le sue immagini, influenzate dal surrealismo e dalla poesia visiva, riflettono un universo magico dove ciò che appare non sempre è ciò che si suppone essere. Decadenti eppure vive, hanno il potere di rimanere in una dimensione senza tempo, in un equilibrio precario. Con toni intimi e intrisi di sensualità, i corpi femminili mostrano un’intimità di evidente ricerca del piacere. Da ammirare in silenzio, ogni commento è superfluo, i dipinti fermano attimi fuggenti che sanno stimolare arcaiche ed irrefrenabili pulsioni erotiche. L’indagine dei segnali del corpo in relazione all’amore o come oggetto del desiderio sono evidenziati sulla tela che diviene giaciglio. E’ lui che lo predispone per la spettatrice e spettatore.

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Marisa Volpi 1980

Esponente dell’Arte concettuale, Dornstedt accosta multiformi tematiche artistiche contemporanee, rivelandosi anche un severo critico di se stesso. Le sue immagini trascendono il semplice istante, rivelando la sublime, eterna magnificenza del corpo. Metafisica immaginativa combaciante la realtà, esplora l’inconscio violandolo senza ferirlo, spogliando lo spettatore del pudico involucro  che nasconde agli altri le sue segrete fantasie. Tocca tematiche inerenti al caleidoscopico mondo della sessualità.  

“Gillo” Angelo Eugenio Dorfles 2019

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Lontano dalla Milano che ambedue abbiamo vissuto, è venuto ad omaggiarmi tra queste dolci colline dove rimarrò per sempre, il mio fedele studente di un tempo lontano, il Guido dal marcato accento tedesco ormai disciolto dall’italico sole, che mi saluta come un tempo: dotto mentore e il “Nuovi riti, nuovi miti” sottobraccio a rimarcare l’inestinta venerazione.
Cosa è mutato da quell’ormai lontano 1966, quando all’uscita dalla Statale, mi supplicò di giudicare un suo datato lavoro e che io pur scettico, accettai, per uscire poi da quella disordinata mansarda sul Naviglio, non affatto pentito d’averlo esaudito? Solo gli anni sono mutati, tranne il sei finale, simbolica coniugazione al passato, perché devoto al suo istinto rappresentativo, lui non si è mai convertito all’arte mercenaria.
Da quell’oscura tela, che fu il lenzuolo condiviso con un lontano amore, emergevano solo pochi tagli di luce affinché fossero i sensi a colmare quel vuoto visivo con un materico corpo ben definito: “Sophie”. Il suo primo olio, datato 1961 poneva quell’allora quindicenne sull’ara degli Artisti.
Oggi? Cosa vedo oggi? Solo una differente tecnica, non la vocazione di esprimersi come un tempo. Ieri, olio su tele crude, non gessate, i giacigli delle donne che lo ispirarono inchiodate sui telai dove lui ce le adagiava nuovamente, magistralmente riprodotte, eternandole. Oggi, nell’inverno degli anni, non ispirerebbero voluttuose fantasie ma gettare lo sguardo su quelle rigogliose stagioni dai profumati, aromatici frutti, sì.
Siccome è l’immagine che noi comprendiamo e non i giudizi che si esprimono su di essa, con la tecnica digitale e acrilica si compie l’opera, subito fruibile come oggi il tempo impone. Ieri: lumi a olio e fiammiferi, oggi: clic e fiat lux.
Quali donne vediamo oggi sulle nuove tele “non consumate”? Al contrario di ieri, quella che fu la gioventù ispiratrice è appassita e oggi antiche statue, statiche e algide si decongelano per accendersi di vita.
Riproduzioni cristallizzate nell’epoca che le ospitò, risvegliate dal lungo torpore e intiepidite dal magistrale tocco dell’artista, interagiscono emotivamente con chi le ammira. Un dialogo silente, un idioma universale che non si esprime a parole ma con i sensi.
Proporzioni, cromie, metafisica sinottica percettiva di irrealtà oniriche, metafisiche e oltre: sinestesiche.
La donna, l’intelligenza e la femminilità nelle sue molteplici espressioni di timidezza, ritrosia, pudicizia, orgoglio, esibizionista di grazia e bellezza, sensuale o lussuriosa offerente o predata. Ogni faccetta del poliedro che le riflette, sfolgora della luce di ciascuna.
Con questi lavori Dornstedt chiude il cerchio che iniziò a tracciare già dal lontano 1961 con “Sophie”.
Con affetto, 

“Gillo” Angelo Eugenio Dorfles
Lajatico (Pisa) 2016

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